Studio, ricerca e perfezionamento sul mondo delle Arti Marziali e del Combattimento
"ARTE": nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza.
"MARZIALE": relativo a Marte, dio della Guerra; tutto ciò che riguarda la guerra.



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venerdì 10 giugno 2016

La meditazione pre-allenamento e post-allenamento

Vorrei innanzitutto spiegare cosa intendo per meditazione e sfatare alcuni miti e luoghi comuni.
Se andiamo alla ricerca dell'origine della parola, meditazione, in latino meditatio, significa proprio riflessione.
Esistono vari tipi di meditazione. E sicuramente nessuna di esse ci farà alzare in volo mentre abbiamo gli occhi chiusi e teniamo le gambe incrociate nella posizione del loto.
La meditazione serve essenzialmente per appunto a riflettere ma riflettere in modo particolare, cioè portando l'attenzione su un qualcosa di particolare escludendo tutto il resto.

La meditazione fa parte di tutte le culture e le religioni del mondo, viene solo chiamata in modo diverso. Nella religione Cristiana ad esempio, che è quella che forse la maggior parte di noi conosce meglio, viene chiamata preghiera. Il credente recitando appunto preghiere, porta la completa attenzione su di un particolare (in questo caso il contenuto della preghiera e sul perchè la preghiera viene recitata, ad esempio per aiutare l'anima del defunto a raggiungere il paradiso, oppure più semplicemente per ritrovare un oggetto smarrito), svuota la mente dagli altri pensieri e riflette su di un singolo pensiero. La recitazione di queste preghiere (in sanscrito mantra), la troviamo anche nella cultura buddista: tutti abbiamo in mente almeno un immagine di un monaco buddista che recita il famoso OHM seduto nella posizione del loto. Un tipo di meditazione più efficace possiamo trovarla nelle culture dei nativi americani che, oltre a recitare le preghiere, danzavano in modo da portare ancora di più l'attenzione al gesto compiuto.
Vediamo quindi che non c'è niente di così strano e di esoterico nella meditazione (a meno che non si pratichino meditazioni particolari ad esempio quelle curative o i famosi malocchi-fatture).

Come utilizziamo la meditazione nella nostra scuola?
Prima di tutto ci mettiamo in una posizione comoda.
"Ma come comoda? la meditazione va fatta nella posizione del loto, così è più efficace!"
Niente di più sbagliato, la posizione del loto viene utilizzata dagli orientali nella meditazione solo perchè è il modo in cui stanno seduti tutte le volte che si siedono. Nelle case le famiglie non si siedono sulle sedie per mangiare ma si siedono incrociando le gambe sotto al tavolo basso con un cuscino sotto al sedere, per cui per loro è una posizione naturalissima, per questo la usano. Per la maggior parte degli occidentali, la posizione del loto risulta scomoda e se la utilizzassimo per la meditazione, dopo qualche minuto inizieremo ad avere dei fastidi e la mente si focalizzerebbe su quello abbandonando il pensiero centrale a cui era destinata la meditazione. Per questo motivo dobbiamo trovare una posizione a noi comoda, che può essere seduta, in ginocchio, in piedi o addirittura camminando.

Utilizziamo un gesto per iniziare la meditazione che poi sarà lo stesso gesto che ripeteremo alla fine: uniamo le mani a "preghiera" all'altezza del petto. In PNL (programmazione neuro linguistica) questo gesto viene chiamato "àncora" e serve per aiutare la mente ad entrare nello stato di coscienza adeguato.
Abbiamo scelto questo gesto perchè fa parte di tutte le culture e religioni del mondo ed ha un grande significato spirituale; oppure, se abbiamo credenze differenti, il significato lo troviamo nella psicologia. A livello spirituale le mani hanno un grande significato, sono due punti energetici di grande importanza: la mano destra rappresenta la nostra parte spirituale o la nostra mente, mentre la mano sinistra rappresenta la nostra parte fisica o il nostro corpo. Unendole nel gesto della preghiera (nel mudra dell'adorazione "Anjali") simbolicamente sarebbe come unire corpo e mente in un'unica cosa. La psicologia invece ci dice che la parte sinistra del nostro cervello è la parte razionale di noi, mentre la parte destra del cervello comanda le emozioni. Esperimenti scientifici hanno dimostrato come l'uomo utilizzi la parte sinistra del cervello per risolvere calcoli matematici o comunque nei casi in cui debba utilizzare la logica, mentre l'emisfero destro prende il sopravvento quando la persona prova emozioni. Unendo le mani in questa posizione ricordiamo alla nostra mente che dobbiamo prepararci a lavorare in perfetto equilibrio logico-emotivo e che i due emisferi devono cooperare per lavorare al meglio.

Entriamo nel cuore della meditazione.
A cosa serve la meditazione pre-allenamento?
Innanzitutto serve a staccare la spina. Dobbiamo svuotare la mente da tutto quello che ci siamo portati dietro nell'arco della giornata e dobbiamo concentrarci sull'allenamento. Prima di tutto perchè l'allenamento richiede un grande sforzo, sia fisico che mentale, per cui dobbiamo mantenere le energie per quello che ci apprestiamo a fare e quindi pensieri esterni possono solo togliere l'energia che potremmo utilizzare per affrontare al meglio l'allenamento. In secondo luogo perchè durante l'allenamento dobbiamo restare il più concentrati possibile (anche l'allenamento quindi diventa meditazione? certo che sì) su quello che stiamo eseguendo, soprattutto quando lavoriamo in coppia: impariamo tecniche letali che possono fare molto male o addirittura togliere la vita, quindi dobbiamo essere consapevoli di ogni singolo movimento che eseguiamo con il nostro compagno.
Finiti i due minuti di meditazione (approssimativi) rifacciamo il gesto di preghiera per concludere la meditazione ed iniziamo l'allenamento.

La meditazione post-allenamento inizia e finisce con il gesto della preghiera come la precedente ma il contenuto è diverso.
Come prima cosa dobbiamo riflettere sull'allenamento eseguito, le tecniche svolte, le lacune che abbiamo avuto, le tecniche che non abbiamo capito. Questo serve per discuterne poi e migliorare le lezioni successive portando alla luce i propri dubbi e le proprie perplessità. Oppure per suggerire qualcosa di nuovo o qualche modifica.
La seconda parte della meditazione, serve per uscire dalla "modalità allenamento" ed entrare nella "modalità guerriero". La palestra è il luogo più sicuro in cui possiamo trovarci: siamo circondati da compagni a cui affidiamo la vita ogni qualvolta eseguiamo una tecnica, compagni di cui ci fidiamo e che in caso di pericolo ci aiuterebbero; a casa o in strada siamo soli e dobbiamo contare solo su noi stessi e sulle nostre capacità, può capitare di tutto ed in caso di pericolo dobbiamo abbandonare l'idea di controllo e protezione che abbiamo tenuto durante tutto l'allenamento per eseguire le tecniche con il nostro compagno e dobbiamo trasformarci in "guerrieri" pronti a tutto pur di portare a casa la pelle.

Questi pochi minuti diversi dall'ordinario e che in pochissime palestre si fanno, possono sembrare inutili quando si eseguono per le prime volte. A lungo andare invece se ne comprende il significato e l'importanza e diventano quasi indispensabili.
Capiamo alla fine, come anticipato in precedenza, che la meditazione non è rinchiusa in quei pochi minuti ma inizia e si conclude con l'inizio e la fine dell'allenamento.

Ricapitolando abbiamo detto che la meditazione può essere fatta in silenzio nella posizione del loto (monaci asceti induisti, monaci buddisti), in silenzio mangiando (monaci cattolici) o in silenzio camminando (la filosofia di Thich Nhat Hanh), pronunciando una sola sillaba (il famoso Ohm buddista) oppure frasi intere (preghiere cattoliche, o sutra indiani), cantando e danzando (culture sciamaniche africane, dei nativi americani e delle tribù siberiane; oppure pensiamo semplicemente ai cori Gospel), con l'utilizzo di armi simboliche o armi vere (danze meditative tailandesi e indiane) o addirittura facendo l'amore (ad esempio pratiche del Tantra o del Kama-Sutra della cultura classica induista).
Detto ciò capiamo che la meditazione non è propria di una cultura sola, bensì è presente in tutto il mondo e si può fare in qualsiasi maniera. Il mio Maestro di Krabi Krabong racconta spesso che nei suoi viaggi in Thailandia per imparare la meditazione il suo Maestro lo mandò in un monastero buddista a praticare. I monaci gli diedero una scopa e gli fecero spazzare per terra per lunghi periodi di tempo. Quando chiese spiegazioni gli fu risposto che l'importante non era il gesto, ma lo stato mentale. e la presenza dell'Io nel gesto, in parole povere concentrarsi e riflettere su quello che si stava facendo in modo da escludere tutto il resto e vivere appieno il momento presente.

Tornando alle Arti Marziali, dobbiamo imparare a meditare cioè a riscoprire il significato della parola "Presente", intesa come momento che ci viene donato, e visto che durante il combattimento non possiamo permetterci nè di pensare a cosa è appena successo nè a quello che faremo, dobbiamo restare aggrappati al presente in continua meditazione. 
Solo così saremo in grado di salvarci la vita.
Solo così diventeremo guerrieri.

Alcuni del gruppo

Da sx a dx in alto io, Amedeo, Matteo e Giulio.
Da sx a dx in ginocchio Nicola, Daniele e Roberto