Studio, ricerca e perfezionamento sul mondo delle Arti Marziali e del Combattimento
"ARTE": nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza.
"MARZIALE": relativo a Marte, dio della Guerra; tutto ciò che riguarda la guerra.



Per info sulle lezioni in gruppo e per lezioni private potete contattarmi al numero
3489295590

o tramite e-mail:
zambellilorenzo@yahoo.it

Dove siamo?

martedì 27 dicembre 2016

Ritorno nella Valle delle Sfingi

Dopo qualche anno che non rivedevo questo bellissimo posto, siamo riusciti ad organizzare una veloce escursione. Matteo ed io abbiamo fatto una camminata di un paio d'ore ed un pò di meditazione in questo posto meraviglioso sui monti Lessini. Un 24 dicembre che sembrava appartenere di gran lunga al periodo autunnale a causa della temperatura.
Come sempre un luogo con un fascino particolare reso ancora più fantastico dai colori autunnali.










lunedì 26 dicembre 2016

Arti Marziali - Esercizi per il movimento del venerdì

Cercare, scoprire, imparare, provare. Un buon metodo x interiorizzare il movimento è quello di sperimentarlo in prima persona, trovando da soli le soluzioni piuttosto che copiare quello che ci dice qualcun'altro. In questo caso vediamo come possiamo esprimere il movimento sul nostro compagno e come il movimento dell'altra persona cambia in base alle nostre azioni. Le leve sono parte fondamentale del combattimento e delle Arti Marziali. Vediamo come possiamo eseguirle sulle articolazioni delle braccia.


giovedì 24 novembre 2016

Movimento e fluidità

La settimana scorsa era dedicata allo studio delle armi e, visto che il venerdì è il giorno dedicato al movimento ci sembrava giusto unire in parte le due cose.
In questo breve video vediamo uno splendido esercizio, praticato in moltissime Arti Marziali applicato all'utilizzo del coltello.
La sensibilità del movimento, la lentezza dell'esecuzione, la cedevolezza della forza nel percepire la più lieve tensione muscolare, sono tutte caratteristiche che ogni buon praticante dovrebbe avere, non solo nell'utilizzo delle armi ma anche nel combattimento a mani nude.


venerdì 28 ottobre 2016

Pao e propedeutica all'utilizzo del coltello


In questo video alcuni momenti dell'allenamento del lunedì. Dopo il seminario con Maul Mornie sull'utilizzo del coltello nel Silat, abbiamo deciso di dedicarci per qualche settimana a studiare e sviluppare i principi appresi durante il seminario. Abbiamo trovato il modo di unire l'utilizzo dei colpitori per migliorare gli attacchi base (fendenti e stoccate) del coltello.

martedì 18 ottobre 2016

Finalmente al completo

Con l'inizio della nuova stagione, il gruppo si fortifica e la voglia di allenarsi assieme aumenta. 
Ieri sera, per la prima volta, il branco era al completo.

In alto da sx: Tiziano, Amedeo, GIulio, Daniele e Nicola
Sotto da sx: Io, Matteo, Roberto e Daniele

lunedì 17 ottobre 2016

Silat Suffian Bela Diri - Seminario con Maul Mornie

Ieri, 16 Ottobre 2016, assieme a Nicola, Tiziano, Daniele e Amedeo, siamo andati a Bologna per partecipare ad un seminario di Silat Suffian Bela Diri della durata di 5 ore con uno dei maggiori esponenti di quest'Arte: Maul Mornie.

Il seminario è stato molto interessante:
la prima ora abbiamo lavorato sui drills (scambi semplici) di coltello in modo che anche i praticanti di altre discipline (come noi) potessero apprendere i movimenti base dell'Arte.
Il resto della giornata, lavorando sempre in coppia, ci siamo concentrati sullo sviluppo delle tecniche di difesa/offesa, controllo, proiezione e immobilizzazione dell'avversario.

Maul è una persona molto competente, ha una conoscenza della motricità, della dinamica e meccanica del corpo umano eccezionale. Ci ha stupito con la vastità di varianti e di tecniche di controllo che si possono praticare sull'avversario: il bello del "suo " Silat è che non è vincolato da schemi fissi e posizioni "esotiche", anzi, i principi che abbiamo estrapolato ieri sono applicabili alla maggior parte delle Arti Marziali, che esse siano tradizionali, sport da combattimento o difesa personale.

Una giornata ricca di contenuti che non mancheremo di approfondire in palestra fra di noi.
Speriamo di poter ritrovare Maul in uno dei suoi futuri seminari.
Intanto ringraziamo gli organizzatori dell'evento che ci hanno dato la possibilità di partecipare e di conoscere questo grande Artista Marziale:

Giorgio Garuti e Carlo Andreis

referenti di Silat Suffian delle palestre (rispettivamente) di Bologna e Desenzano del Garda (BS).

Questo il link alla pagina Facebook italiana:

https://www.facebook.com/Silat-Suffian-Italy-training-group-203687809645901/

Ed il sito internet per le informazioni:

http://www.silatsuffian.it/

Alcune foto della giornata:

Maul mentre spiega le tecniche
(sullo sfondo Amedeo, Tiziano e Daniele)

Da sx Amedeo, Nicola, Tiziano, Maul, Daniele e io

Foto di gruppo di tutti i partecipanti (crazy version)

Attestato di partecipazione rilasciato a tutti i partecipanti


martedì 27 settembre 2016

Perchè

Questo il link di un post preso dal blog di un compagno di allenamento che non conosco da molto ma con cui condivido moltissimo e stimo molto. Sta facendo un percorso di crescita Marziale (fisico e spirituale) non da poco. Arriviamo entrambi da lunghi percorsi marziali, con discese e risalite ed abbiamo capito entrambi che era ora di cambiare qualcosa. Abitando a molti kilometri di distanza e vedendoci poche volte l'anno, abbiamo intrapreso più o meno la stessa strada nell'insegnamento delle Arti Marziali.
In questo post riflette perfettamente il mio pensiero riguardo al mondo delle Arti Marziali. 

giovedì 22 settembre 2016

lunedì 19 settembre 2016

Ritorno in palestra

Stasera eravamo quasi tutti. Peccato per Giulio che è uscito prima che facessimo le foto.

in più, finalmente, abbiamo attaccato la sbarra per le trazioni...


Ora manca solo il pavimento e per ottobre saremo operativi.

lunedì 12 settembre 2016

Weekend all'insegna del coltello

Due giornate passate a studiare due metodi differenti di utilizzo del coltello.
Sabato pomeriggio siamo stati a Verona alla Scuola di Silat Sera del Maestro Max Morandini.
Domenica nel campetto di Zovencedo in provincia di Vicenza con il Maestro Valerio Zadra.
Due aspetti diversi nell'utilizzo di queste due armi bianche ma comunque letali.
Mi limiterò a dare la mia opinione su quello che ho potuto apprendere in questi due giorni, cercando di non offendere nessuno. Può essere che non siate d'accodo con me, ma tenete presente che ho partecipato ad un seminario di qualche ora e che non conosco affondo l'Arte, per cui perdonatemi se non sarete d'accodo con me.

Nella Scuola del Maestro Morandini abbiamo studiato i principi che regolano per intero la struttura su cui si basa la sua Arte. Gli stessi principi vengono applicati sia con il combattimento a mani nude che con il coltello o con armi più lunghe. Ci ha aperto gli occhi su alcune teorie che fin'ora non avevamo ancora esaminato. Possiamo dire che, utilizzando una sua metafora, siamo usciti con dei semi: ora sta a noi annaffiarli e farli germogliare.

Sono stato allievo del Maestro Zadra per alcuni anni, per cui i principi studiati domenica non mi erano nuovi, ma fa comunque bene ripassarli e metterli in atto. Utilizzando il Kukri, coltello di origine nepalese di grandi dimensioni, ho potuto notare le differenze che ci sono e che condizionano l'utilizzo di questo coltello rispetto ai coltelli classici utilizzati durante il seminario del Maestro Morandini.

Impossibile dire che un metodo sia più letale dell'altro ed impossibile dire che un coltello sia più pericoloso dell'altro.
Sono entrambe Scuole che hanno principi a volte simili e a volte contrastanti, se questi principi vengono messi in atto da persone preparate vediamo che comunque sono letali in combattimento.
I coltelli sono completamenti differenti per forma, dimensione, bilanciamento e peso.
Per cui richiedono accortezze differenti e principi a volte simili e a volte differenti.

E' stato interessante poterli studiare in due giorni consecutivi proprio per vederne le differenze.
Tutto questo ci ha dato materiale su cui studiare e su cui pensare molto.
Grazie al Maestro Morandini e grazie al Maestro Zadra.



mercoledì 31 agosto 2016

Inizio lezioni nuova stagione

Dopo la pausa estiva i lupi riformano il branco.
Venerdì 02 settembre ripartono le lezioni. Finchè il tempo e la luce del sole ce lo permettono continueremo ad allenarci all'aperto. Dopo di che ci sposteremo nella "vecchia-rinnovata" palestra.

Buon allenamento a tutti

venerdì 12 agosto 2016

Amedeo e Gianni - Mae Mai Muay Thai - Combattimento finale

Combattimento libero alla fine dell'esame tenutosi il decimo ed ultimo giorno del corso estivo intensivo del Maestro Valerio Zadra a Zovencedo (Vicenza).
I due ragazzi con punteggi eccellenti hanno superato l'esame durato la bellezza di 5 ore filate e hanno conseguito il grado di cintura nera 1° Khandam della scuola Taran Devak.
Come potete notare nel video l'esame si svolge all'aperto in questo bellissimo scenario creato dalla vegetazione che avvolge le vecchie cave di pietra di Zovencedo. Con l'aiuto della pioggia che ha rinfrescato la giornata, i due ragazzi hanno dimostrato di avere grande capacità tecnica, forza, resistenza e determinazione.

Bravi ragazzi oggi avete dimostrato di essere proprio dei Lupi.

lunedì 8 agosto 2016

Il fine ultimo

Forse ne abbiamo già parlato su questo blog, ma ogni tanto quest'argomento salta fuori ed è bene ripassarlo.
Questa parola che spaventa la maggior parte delle persone, dovrebbe essere, per tutta la vita, la compagna di viaggio costante di ogni guerriero.
Stiamo parlando della Morte. Utilizzo la maiuscola perché questa parola merita rispetto.

Ogni cultura ha il suo modo di vedere e di affrontare tale traguardo. E voi vi chiederete “traguardo? Ma è impazzito?”. Da guerriero, posso solo dirvi che solo i guerrieri capiranno questo mio discorso, tutti gli altri continueranno a considerarmi pazzo.
Sappiamo benissimo che la Morte è l'unica cosa certa che ci accompagna per tutta la vita, per cui non ci resta che prepararci ad affrontarla per vivere quell'attimo al meglio. So che in un certo senso è una frase fatta, però mi sembra avere molto meno senso vivere questo fatto con tristezza e paura.
Mi sento di dire che questi due stati d'animo prendono il sopravvento nel momento in cui non siamo preparati, cioè quando abbiamo ancora “faccende in sospeso” il ché ci porta a scoprire che non abbiamo vissuto la nostra vita al meglio: non dovremo avere rimorsi perché quello che è stato fatto non si può cambiare, ma soprattutto non dovremo avere rimpianti perché abbiamo esaurito il tempo a nostra disposizione.

Come guerrieri appunto, passiamo gran parte della nostra vita ad allenarci e a prepararci ad affrontare un combattimento, uno scontro. Non lo sapremo mai fino alla fine, ma potrebbe essere che questo scontro sia l'ultimo della nostra vita perché dovremmo affrontare un avversario più forte di noi. Per questo possiamo dire che ci alleniamo costantemente per affrontare questo temibile avversario che non è altro che la Morte.
Lo incontriamo ogni volta che indossiamo i guantoni o che eseguiamo una tecnica con un nostro compagno e scopriamo che quella determinata concatenazione di movimenti è come una danza sacra che richiama la Morte. Sentiamo il brivido lungo la schiena quando ci immedesimiamo nella situazione di riceverla e capiamo le dinamiche che la sviluppano. Sappiamo che anche solo aumentando la pressione dello strangolamento, affondando di qualche centimetro in più il pugno o premendo nei punti giusti, per un istante non siamo più il guerriero che stava combattendo ma diventiamo noi stessi la Morte.
Per questo non dobbiamo averne paura, dobbiamo solamente averne rispetto. 

In tutte le culture del mondo “il cosa c'è dopo la Morte” viene rappresentato come una cosa bella o comunque migliore della situazione attuale in cui viviamo (lasciamo perdere l'inferno che è una cosa inventata solo per tenere a bada la gente con il terrore). Per cui, perché dovremmo avere paura di andare in posto migliore? Il problema sta ancora una volta nel capire bene la differenza tra materiale e spirituale. La nostra cultura occidentale purtroppo ci porta a pensare che le cose più importanti sono le cose materiali, mentre lo spirituale ha meno importanza. Per fortuna non è sempre stato così: le nostre culture antiche veneravano lo spirituale molto più di come facciamo noi adesso.
Tutto quello che ci circonda fa parte di noi e ci appartiene e in una società quasi esclusivamente materialista non si può far altro che dispiacersi per le cose che si abbandonano e che accumuliamo fino alla fine mentre teniamo in considerazione sempre meno quello che poi (forse) ci porteremo dietro: le nostre esperienze di vita, la conoscenza, la nostra mente ed il ricordo di noi, di quello che abbiamo fatto e lasciato agli altri.
Mi rendo sempre più conto che la maggior parte della gente si focalizza sempre sull'aspetto materiale anche in questo caso: è morto ma ha fondato una grande azienda, è morto ma ha lasciato una bella eredità economica ad ogni figlio, è morto ma ha creato un impero... Mentre le cose più importanti vengono lasciate in secondo piano: era un buon padre di famiglia, amava le persone, aiutava la gente...

Come i Samurai, i Vichinghi o i nativi americani, gli antichi guerrieri affrontavano la battaglia pronti alla morte, non la temevano e proprio per questo motivo spesso e volentieri erano più forti dei loro nemici. La paura non è nemica, la paura ci serve, fa parte di noi, dobbiamo solo sfruttarla a nostro vantaggio. Possiamo lasciare che prenda il sopravvento facendoci tremare le gambe e bloccando i nostri movimenti o possiamo decidere di utilizzarla per superare i nostri limiti facendo crescere il nostro coraggio. Possiamo lasciarla farci da freno o possiamo utilizzarla come propulsore per superare le nostre barriere mentali.

Sappiamo che la paura ci appartiene e sappiamo che la Morte ci appartiene. Quindi siamo “paura” e siamo “Morte”.
Non sappiamo quando il nostro inconscio le tirerà fuori, ma possiamo prepararci ad accoglierle nel migliore dei modi quando arriveranno.


Non so come sono stati gli ultimi suoi momenti di vita, non so come ha passato l'ultimo periodo o le sensazioni che ha provato ma voglio ricordarlo ed immaginarlo così.

Era un lupo.

Nessuno a prima vista gli avrebbe dato 5 lire: un piccolo uomo, magrolino, sempre con la battuta pronta e sempre sorridente ma era forte, tenace, rapido, determinato, instancabile e aggressivo.
Aveva più resistenza e fiato di tutti noi che eravamo più giovani di lui.
Per alcuni ha fatto da padre, per altri è stato un fratello, per altri ancora un amico.
Era testardo fino al midollo ma di una simpatia ed ironia uniche.
Per quel che mi riguarda mi ha dato moltissimo, sia per le Arti Marziali sia per la vita in generale, e penso di parlare a nome di tutti i suoi allievi più vecchi.
Sotto un certo punto di vista e contrariamente a quanti dicono o pensano, aveva una visione particolare delle Arti Marziali. La sua decisione di mantenersi staccato da federazioni e legami burocratici inutili, gli ha permesso di guadagnare una delle cose più importanti che dovrebbero darci le Arti Marziali: la libertà.

Forse stufo di quello che questo mondo poteva dargli o forse appagato da quello che aveva fatto, si è lasciato andare. Ha deciso di non combattere più.
L'espressione serena che ha seguito il suo ultimo respiro ha fatto sì che lo spirito abbia lasciato il corpo nel migliore dei modi, proprio come un grande guerriero dovrebbe fare.
Non sappiamo cosa lo aspetterà di la, sappiamo solo che uno spirito come il suo non vagherà nel nulla abbandonato a se stesso, vecchi amici, antichi guerrieri e grandi combattenti saranno li ad aspettarlo pronti ad allenarsi con lui e a ridere delle sue storie proprio come facevamo tutti noi in palestra.

Per cui niente lacrime o discorsi tristi, avrebbe odiato tutto questo.
Ti ricorderemo proprio come eri, un possente lupo travestito da piccolo uomo simpatico, con il sorriso spalancato sotto quei folti baffi neri.

Mi sento di parlare a nome di tutti i tuoi allievi quando ti dico grazie per quello che eri e per quello che ci hai dato.



venerdì 10 giugno 2016

La meditazione pre-allenamento e post-allenamento

Vorrei innanzitutto spiegare cosa intendo per meditazione e sfatare alcuni miti e luoghi comuni.
Se andiamo alla ricerca dell'origine della parola, meditazione, in latino meditatio, significa proprio riflessione.
Esistono vari tipi di meditazione. E sicuramente nessuna di esse ci farà alzare in volo mentre abbiamo gli occhi chiusi e teniamo le gambe incrociate nella posizione del loto.
La meditazione serve essenzialmente per appunto a riflettere ma riflettere in modo particolare, cioè portando l'attenzione su un qualcosa di particolare escludendo tutto il resto.

La meditazione fa parte di tutte le culture e le religioni del mondo, viene solo chiamata in modo diverso. Nella religione Cristiana ad esempio, che è quella che forse la maggior parte di noi conosce meglio, viene chiamata preghiera. Il credente recitando appunto preghiere, porta la completa attenzione su di un particolare (in questo caso il contenuto della preghiera e sul perchè la preghiera viene recitata, ad esempio per aiutare l'anima del defunto a raggiungere il paradiso, oppure più semplicemente per ritrovare un oggetto smarrito), svuota la mente dagli altri pensieri e riflette su di un singolo pensiero. La recitazione di queste preghiere (in sanscrito mantra), la troviamo anche nella cultura buddista: tutti abbiamo in mente almeno un immagine di un monaco buddista che recita il famoso OHM seduto nella posizione del loto. Un tipo di meditazione più efficace possiamo trovarla nelle culture dei nativi americani che, oltre a recitare le preghiere, danzavano in modo da portare ancora di più l'attenzione al gesto compiuto.
Vediamo quindi che non c'è niente di così strano e di esoterico nella meditazione (a meno che non si pratichino meditazioni particolari ad esempio quelle curative o i famosi malocchi-fatture).

Come utilizziamo la meditazione nella nostra scuola?
Prima di tutto ci mettiamo in una posizione comoda.
"Ma come comoda? la meditazione va fatta nella posizione del loto, così è più efficace!"
Niente di più sbagliato, la posizione del loto viene utilizzata dagli orientali nella meditazione solo perchè è il modo in cui stanno seduti tutte le volte che si siedono. Nelle case le famiglie non si siedono sulle sedie per mangiare ma si siedono incrociando le gambe sotto al tavolo basso con un cuscino sotto al sedere, per cui per loro è una posizione naturalissima, per questo la usano. Per la maggior parte degli occidentali, la posizione del loto risulta scomoda e se la utilizzassimo per la meditazione, dopo qualche minuto inizieremo ad avere dei fastidi e la mente si focalizzerebbe su quello abbandonando il pensiero centrale a cui era destinata la meditazione. Per questo motivo dobbiamo trovare una posizione a noi comoda, che può essere seduta, in ginocchio, in piedi o addirittura camminando.

Utilizziamo un gesto per iniziare la meditazione che poi sarà lo stesso gesto che ripeteremo alla fine: uniamo le mani a "preghiera" all'altezza del petto. In PNL (programmazione neuro linguistica) questo gesto viene chiamato "àncora" e serve per aiutare la mente ad entrare nello stato di coscienza adeguato.
Abbiamo scelto questo gesto perchè fa parte di tutte le culture e religioni del mondo ed ha un grande significato spirituale; oppure, se abbiamo credenze differenti, il significato lo troviamo nella psicologia. A livello spirituale le mani hanno un grande significato, sono due punti energetici di grande importanza: la mano destra rappresenta la nostra parte spirituale o la nostra mente, mentre la mano sinistra rappresenta la nostra parte fisica o il nostro corpo. Unendole nel gesto della preghiera (nel mudra dell'adorazione "Anjali") simbolicamente sarebbe come unire corpo e mente in un'unica cosa. La psicologia invece ci dice che la parte sinistra del nostro cervello è la parte razionale di noi, mentre la parte destra del cervello comanda le emozioni. Esperimenti scientifici hanno dimostrato come l'uomo utilizzi la parte sinistra del cervello per risolvere calcoli matematici o comunque nei casi in cui debba utilizzare la logica, mentre l'emisfero destro prende il sopravvento quando la persona prova emozioni. Unendo le mani in questa posizione ricordiamo alla nostra mente che dobbiamo prepararci a lavorare in perfetto equilibrio logico-emotivo e che i due emisferi devono cooperare per lavorare al meglio.

Entriamo nel cuore della meditazione.
A cosa serve la meditazione pre-allenamento?
Innanzitutto serve a staccare la spina. Dobbiamo svuotare la mente da tutto quello che ci siamo portati dietro nell'arco della giornata e dobbiamo concentrarci sull'allenamento. Prima di tutto perchè l'allenamento richiede un grande sforzo, sia fisico che mentale, per cui dobbiamo mantenere le energie per quello che ci apprestiamo a fare e quindi pensieri esterni possono solo togliere l'energia che potremmo utilizzare per affrontare al meglio l'allenamento. In secondo luogo perchè durante l'allenamento dobbiamo restare il più concentrati possibile (anche l'allenamento quindi diventa meditazione? certo che sì) su quello che stiamo eseguendo, soprattutto quando lavoriamo in coppia: impariamo tecniche letali che possono fare molto male o addirittura togliere la vita, quindi dobbiamo essere consapevoli di ogni singolo movimento che eseguiamo con il nostro compagno.
Finiti i due minuti di meditazione (approssimativi) rifacciamo il gesto di preghiera per concludere la meditazione ed iniziamo l'allenamento.

La meditazione post-allenamento inizia e finisce con il gesto della preghiera come la precedente ma il contenuto è diverso.
Come prima cosa dobbiamo riflettere sull'allenamento eseguito, le tecniche svolte, le lacune che abbiamo avuto, le tecniche che non abbiamo capito. Questo serve per discuterne poi e migliorare le lezioni successive portando alla luce i propri dubbi e le proprie perplessità. Oppure per suggerire qualcosa di nuovo o qualche modifica.
La seconda parte della meditazione, serve per uscire dalla "modalità allenamento" ed entrare nella "modalità guerriero". La palestra è il luogo più sicuro in cui possiamo trovarci: siamo circondati da compagni a cui affidiamo la vita ogni qualvolta eseguiamo una tecnica, compagni di cui ci fidiamo e che in caso di pericolo ci aiuterebbero; a casa o in strada siamo soli e dobbiamo contare solo su noi stessi e sulle nostre capacità, può capitare di tutto ed in caso di pericolo dobbiamo abbandonare l'idea di controllo e protezione che abbiamo tenuto durante tutto l'allenamento per eseguire le tecniche con il nostro compagno e dobbiamo trasformarci in "guerrieri" pronti a tutto pur di portare a casa la pelle.

Questi pochi minuti diversi dall'ordinario e che in pochissime palestre si fanno, possono sembrare inutili quando si eseguono per le prime volte. A lungo andare invece se ne comprende il significato e l'importanza e diventano quasi indispensabili.
Capiamo alla fine, come anticipato in precedenza, che la meditazione non è rinchiusa in quei pochi minuti ma inizia e si conclude con l'inizio e la fine dell'allenamento.

Ricapitolando abbiamo detto che la meditazione può essere fatta in silenzio nella posizione del loto (monaci asceti induisti, monaci buddisti), in silenzio mangiando (monaci cattolici) o in silenzio camminando (la filosofia di Thich Nhat Hanh), pronunciando una sola sillaba (il famoso Ohm buddista) oppure frasi intere (preghiere cattoliche, o sutra indiani), cantando e danzando (culture sciamaniche africane, dei nativi americani e delle tribù siberiane; oppure pensiamo semplicemente ai cori Gospel), con l'utilizzo di armi simboliche o armi vere (danze meditative tailandesi e indiane) o addirittura facendo l'amore (ad esempio pratiche del Tantra o del Kama-Sutra della cultura classica induista).
Detto ciò capiamo che la meditazione non è propria di una cultura sola, bensì è presente in tutto il mondo e si può fare in qualsiasi maniera. Il mio Maestro di Krabi Krabong racconta spesso che nei suoi viaggi in Thailandia per imparare la meditazione il suo Maestro lo mandò in un monastero buddista a praticare. I monaci gli diedero una scopa e gli fecero spazzare per terra per lunghi periodi di tempo. Quando chiese spiegazioni gli fu risposto che l'importante non era il gesto, ma lo stato mentale. e la presenza dell'Io nel gesto, in parole povere concentrarsi e riflettere su quello che si stava facendo in modo da escludere tutto il resto e vivere appieno il momento presente.

Tornando alle Arti Marziali, dobbiamo imparare a meditare cioè a riscoprire il significato della parola "Presente", intesa come momento che ci viene donato, e visto che durante il combattimento non possiamo permetterci nè di pensare a cosa è appena successo nè a quello che faremo, dobbiamo restare aggrappati al presente in continua meditazione. 
Solo così saremo in grado di salvarci la vita.
Solo così diventeremo guerrieri.

Alcuni del gruppo

Da sx a dx in alto io, Amedeo, Matteo e Giulio.
Da sx a dx in ginocchio Nicola, Daniele e Roberto


giovedì 19 maggio 2016

Perchè una nuova scuola?

Nel mio paese, o comunque nel raggio di 10 km, ci sono una ventina di palestre che offrono corsi di Arti Marziali.
Dunque, iniziamo a porci domande:
1 - Perchè aprire un'altra scuola?
2 - Perchè creare un altro corso?
3 - Cosa facciamo noi di diverso da quelli che ci circondano?

Per rispondere a queste domande dobbiamo porcene un'altra, la più semplice, quella che la maggior parte degli artisti marziali non si pone mai: cosa sono le Arti Marziali?
Le risposte sono molte, varie e soprattutto sono tutte giuste e valide ma di solito la gente risponde in base a ciò che cerca (sacralità, difesa personale, meditazione, combattimento, conoscenza dell'IO o del Sè, ecc)
Noi siamo andati all'origine vera e propria delle Arti Marziali. Ponendoci un'altra domanda ancora: perchè sono nate le Arti Marziali?
In questo caso la risposta è solo una: per difendere noi stessi o le persone o le cose che ci stanno a cuore. E qui iniziamo a dare risposte.

1 - Perchè aprire un'altra scuola?
La nostra scuola è nata per riscoprire il significato primordiale delle Arti Marziali, ciò da cui tutto ha avuto inizio.
2 - Perchè creare un altro corso?
Abbiamo deciso di essere indipendenti per poterci gestire nel migliore dei modi per crescere assieme ma soprattutto per evolvere.
3 - Cosa facciamo noi di diverso da quelli che ci circondano?
Evolviamo.

Vorrei affrontare questi argomenti anticipando che veniamo tutti da anni di pratica di Arti Marziali Tradizionali e di Sport da Combattimento, per cui conosciamo bene entrambi i mondi e ci sentiamo in dovere di precisare che sono entrambe pratiche eccellenti, utilissime e consigliatissime.

Ora approfondiamo bene il tutto.
Attorno a noi troviamo Scuole di Arti Marziali Tradizionali (Wu Shu, Judo, Karate, Capoeira, ecc) e Scuole di Sport da Combattimento (Kick Boxing, Boxe, MMA, ecc).
Le prime praticano un'Arte Marziale tramandata negli anni, che spesso si distingue per lavorare con schemi fissi, con tecniche elaborate, movimenti particolari spesso più estetici che funzionali che richiedono grande flessibilità, equilibrio e coordinazione oppure l'esatto contrario: staticità e rigidità. Le Arti Marziali Tradizionali, per quanto utili, belle e coinvolgenti purtroppo non evolvono. Hanno un unico grande limite: l'essere Tradizionali, legate appunto alla tradizione portata avanti negli anni che crea un sacco di altri piccoli limiti.
Gli sport da combattimento per quanto appunto tendano ad approcciarsi maggiormente al combattimento, hanno anch'essi un grande limite: le regole.
Mike Tyson disse: "il posto più sicuro al mondo è il ring".
Sul ring infatti ho regole da rispettare per attaccare il mio avversario e lo stesso vale per lui, spesso ho categorie di peso e tempi da seguire.

Le differenze le troviamo in tutto questo.
Non siamo legati a nessun tipo di tradizione ma lavoriamo essenzialmente concentrandoci sulla meccanica del corpo e sulla dinamica del movimento, valutando in ogni tecnica la reazione dell'avversario in base all'effetto del dolore del colpo eseguito e della sua reazione successiva, le dinamiche del movimento di entrambi i corpi durante lo svolgimento della tecnica, l'apprendimento dei principi tramite l'esecuzione delle tecniche e non viceversa, il passaggio continuo tra striking e grappling.
Cerchiamo essenzialmente di eseguire il maggior numero di danni nel minor tempo possibile, utilizzando tutte le tecniche che conosciamo e che ci permettono di controllare o neutralizzare l'avversario evolvendo continuamente in base all'evolversi del combattimento che stiamo affrontando.
Tutto questo ovviamente senza regole. Il che non vuol dire che ci ammazziamo durante gli allenamenti anzi, tutto viene eseguito cercando di mantenere il più possibile il controllo quando si ha un compagno di fronte mentre i colpi vengono portati alla massima potenza quando lavoriamo ai colpitori o al sacco.
Lo sparring viene svolto alla fine di ogni allenamento in modo che possiamo applicare (o cercare di applicare) quello che abbiamo imparato durante la parte tecnica della lezione. Ovviamente il combattimento non è a contatto pieno. Dobbiamo avere sempre molto controllo durante tutto lo sparring per evitare di farci male e di far male al compagno. Purtroppo ne risulta un combattimento irreale o semi-realistico ma è l'unico modo possibile che abbiamo per avere un confronto. In questo caso dobbiamo utilizzare delle regole tipo non affondare eccessivamente i colpi e fermarci quando l'avversario lo richiede. Allo stesso tempo però impariamo a lavorare sotto stress, a comprendere, controllare e utilizzare l'adrenalina, la rabbia e la paura. Impariamo cosa vuol dire il timing e la distanza. Impariamo ad usare la fantasia e ad adattarci all'evolversi delle situazioni. Impariamo a lavorare con persone che hanno peso, struttura, età e modi di combattere diversi dal nostro.
Per cui anche se il combattimento poi non è uguale a quello che accadrebbe in una situazione reale, comunque ci serve per imparare un sacco di cose che non potremmo mai capire se non affrontassimo mai un avversario.

In tutto l'articolo ho cercato di utilizzare il "noi" perchè all'interno della nostra scuola siamo tutti allievi e tutti maestri.
Sicuramente alcuni saranno più bravi di altri e questi "più bravi" faranno da guida ai nuovi arrivati o ai meno esperti.
Tutti, anche i nuovi arrivati, hanno il diritto di mettere in discussione le tecniche, proponendone di nuove oppure modificandole, ovviamente poi verranno provate da tutti ed eventualmente sostituite o affiancate alle tecniche. La stessa cosa vale per il metodo di preparazione fisica iniziale. Tutto deve essere il più funzionale possibile e deve aiutare a sviluppare tutte quelle caratteristiche e capacità proprie dell'artista marziale (forza, velocità, equilibrio, dinamismo, movimento).

Arrivati a questo punto possiamo dire che non abbiamo inventato niente di nuovo. Ci limitiamo a copiare e a migliorare. E per fare tutto ciò dobbiamo continuamente imparare cose nuove: se facciamo per anni Muay Thai, ad esempio, saremo bravissimi nello striking ma poco afferrati nella lotta e quindi potenzialmente vulnerabili in una situazione di pericolo reale. Si avrà lo stesso risultato nel momento in cui, dopo anni di pratica di Brazilian Ju Jitsu non sappiamo cosa vuol dire ricevere e incassare un pugno o un calcio.
Per cui dobbiamo ampliare il "campo visivo" imparando il più possibile, eliminando il superfluo e modificando tutto ciò che si può sistemare, senza essere legati a schemi fissi, tradizioni o regole. Incitiamo il più possibile gli allievi a partecipare a stage, corsi e a documentarsi sulle più svariate discipline Marziali per poi rielaborare, mescolare ed unire tutto ciò che può essere utile e funzionale nel caso di una situazione di pericolo reale.

L'evoluzione è forse la parola che ci rappresenta di più in questo momento e che ci ha invogliato a cominciare questo nuovo cammino. Evolvere significa cambiare adattandosi all'ambiente e alle situazioni che ci circondano, nel nostro caso riscopriamo cosa vuol dire evoluzione applicando l'adattamento al combattimento, dapprima concentrandoci sulla fisicità del combattimento per arrivare all'evoluzione interiore.......ma di questo ne parleremo più avanti.

venerdì 13 maggio 2016

giovedì 12 maggio 2016

Il Venerdì sera

Oltre a variare di settimana in settimana lo studio dei principi, variamo di giorno in giorno anche il tipo di preparazione fisica.
Il lunedì è "il giorno dei Pao", utilizzati da sempre negli sport da combattimento e nelle Arti Marziali come punto fondamentale per allenare l'atleta all'impatto sul bersaglio in movimento. Sviluppano infatti una grande potenza, resistenza fisica, fiato e coordinazione.
Il mercoledì è "il giorno del circuito": l'ultimo allenamento della settimana è il più massacrante, lo sforzo fisico è portato al limite per sviluppare appieno la forza fisica (non la massa muscolare), la forza esplosiva, la resistenza muscolare ed in parte anche il fiato.
Il venerdì, per "riposare" dopo i due allenamenti intensi del lunedì e del mercoledì, è "il giorno del movimento". Il venerdì come prima parte delle due ore di allenamento studiamo questa caratteristica del nostro corpo così semplice e così complessa.
Perchè quindi studiarla se ci accompagna tutto il tempo, tutti i giorni dell'anno, per tutta la vita?
Appunto per questo motivo, perchè ce la portiamo costantemente dietro e non possiamo farne a meno. E più la studiamo e ci addentriamo nella sua complessità, più capiamo che abbiamo bisogno di studiarla e di approfondirne le caratteristiche.
Come Artisti Marziali dobbiamo essere consapevoli prima di tutto del nostro corpo: ogni singolo movimento deve essere eseguito in consapevolezza, nel miglior modo possibile e con la maggior efficacia possibile. Come Artisti Marziali siamo costantemente sotto pressione perchè dobbiamo richiedere al nostro corpo di muoversi nella miglior maniera possibile, sia quando stiamo evitando un attacco, sia quando lo stiamo portando, nel momento in cui dobbiamo recuperare l'equilibrio e nel momento in cui decidiamo di far perdere l'equilibrio all'avversario.
Viviamo in un mondo in cui il movimento viene sempre più semplificato, smussato, eliminato.
Pensiamo alla scuola, che costringe i bambini a star seduti immobili per ore, all'ufficio in cui lavoriamo in cui siamo seduti immobili per tutto il giorno. La società moderna, per quanto moderna ed evoluta che sia, fa si che la nostra mente si espanda e migliori con concetti e conoscenze dapprima sconosciuti ma per contrario, ci atrofizza fisicamente. Per questo poniamo l'attenzione almeno una volta alla settimana a risvegliare il corpo con esercizi che lo aiutino a migliorare e a rifare movimenti ormai dimenticati.
Contrariamente a quanto si crede, non lavora solo il corpo: anche il cervello è costretto a mettersi all'opera per riorganizzare ogni singolo muscolo che si adopera per eseguire questo nuovo movimento, creando nuove sinapsi e lavorando in maniera spaventosa. Pensiamo a quanto sia semplice respirare, ormai il corpo è abituato a farlo e non dobbiamo più pensarci. Ora pensiamo a quanto sia difficile eseguire un salto mortale o per alcuni una semplice capriola. Tutto questo perchè il corpo non ha la coordinazione necessaria per eseguire il movimento ed il cervello non ha ancora lavorato abbastanza per assimilare la concatenazione di azioni necessaria per eseguire il processo.
Già dai primi semplici esercizi, si può notare con che fatica si fanno, quanta concentrazione dobbiamo utilizzare per eseguirli e quanto sudiamo mentre li svolgiamo. Tutto questo perchè per noi (per il nostro corpo e per il nostro cervello) sono cose nuove o meglio cose che sapevamo fare ma che non abbiamo più fatto e quindi sono finite in fondo alla nostra mente ed ora facciamo fatica a ritrovarle.
Più esercizi facciamo, più movimenti conosciamo e più il nostro corpo sta meglio. Gli acciacchi dovuti alla stabilità causata ad esempio dal lavoro sedentario (ufficio, autotrasporto) vengono risistemati rimettendo in mobilità il corpo.
La nostra struttura ossea e muscolare sono fatte per il movimento, non per l'immobilizzazione. Perfino quando dormiamo il nostro corpo si muove. Allo stesso tempo quando acquistiamo la più costosa sedia da ufficio, ergonomica, massaggiante e performante, dopo qualche ora sentiamo comunque il bisogno di muoverci.
Per questo dobbiamo imparare a farlo nel miglior modo possibile, stupendoci continuamente delle infinite possibilità che il nostro corpo ha di muoversi, delle incredibili cose che riesce a fare e che possiamo fare.
Il movimento è bello, è parte di noi e ci da la vita. Dobbiamo solo imparare a muoverci.

venerdì 1 aprile 2016

Principi fondamentali

Nella nostra scuola ci occupiamo principalmente dello studio di Principi.
La base di partenza dei nostri atleti inizia con l'apprendimento di singole tecniche di attacco, difesa e spostamento che derivano dalle Arti Marziali più efficaci del combattimento, dette "tecniche base".
Impariamo perciò ad usare piedi, ginocchia, anche, spalle, gomiti, mani e testa. Impariamo a spostarci nello spazio che ci circonda senza dover ancorarci a schemi fissi o posizioni strane e sregolate. Impariamo a sensibilizzare il nostro corpo in base ai tempi e alle reazioni di chi ci sta di fronte.
Tutto queste "tecniche base" in sè non ci permettono di uscire vivi da un contesto pericoloso, ma sono come i pilastri su cui si regge l'intero palazzo che è il nostro sistema di combattimento.
Quello che fa la differenza in queste situazioni, sono i PRINCIPI costantemente presenti nelle nostre lezioni e in ogni tecnica concatenata che portiamo.

In una situazione di difesa, ad esempio quando riceviamo un attacco, impariamo a concatenare i seguenti principi:

01 – Devio
03 – Schivo
04 – Blocco a zero
05 – Rompo le armi avversarie 
                           Gomitate sui pugni (o avambracci)
                           Colpi sui muscoli (o sui tendini)
                           Leve improvvise sulle giunture

In un contesto di corpo a corpo sfruttiamo questi principi:

01 – Ruoto la testa dell'avversario
02 – Spazzo
03 – Impedisco lo spostamento
                          Blocco il piede pestandolo
                          Blocco il piede ostacolandolo

Durante l'ultima ora di lezione giornaliera studiamo uno di questi principi, a volte singolarmente, a volte con l'aiuto di un compagno.
Ogni settimana è dedicata ad un principio diverso, che si ripete nelle tre lezioni dedicate con tecniche concatenate differenti: anche se l'allievo dovesse mancare ad una lezione, in questo modo riuscirebbe a lavorare a quel principio almeno due volte.

Animal Flow Training

Bellissimo metodo di allenamento che abbiamo provato mercoledì in palestra.
Perfetto per sviluppare la coordinazione, la resistenza, la motricità e la propriocezione.

venerdì 1 gennaio 2016

Corso Estivo Intensivo 2015 con il Maestro Valerio Zadra

Anche quest'anno, come ogni anno, a Zovencedo in provincia di Vicenza, il Maestro Valerio Zadra ha tenuto il Corso Estivo Intensivo di 10 giorni: rigorosamente dal 1 al 10 agosto.
Potrei star qui a descrivere in maniera tecnica ed approfondita le fasi del corso, il significato spirituale e filosofico dell'esperienza, ecc ecc...
Invece vi riporto la mia semplice esperienza, descritta nel più semplice dei modi, come l'ho vissuta in prima persona e come ne sono uscito.

1° giorno
Sabato: lavoriamo solo il pomeriggio.
Arriviamo a casa del Maestro a Zovencedo con un cielo che minaccia il classico temporalone estivo.
Il primo pensiero è stato: "meno male che non c'è il sole altrimenti sarà da morire!".
Dopo aver salutato nuovi e vecchi compagni di allenamento, facciamo un piccolo briefing col Maestro per l'organizzazione del corso e la vita di gruppo in casa; gli allievi che vogliono possono fermarsi a dormire a casa del Maestro che mette a disposizione alcuni letti, possono inoltre utilizzare la cucina per farsi da mangiare a pranzo e a sera.

Usciamo all'aperto. Siamo in 6: in quattro lavoriamo a mani nude, Alessandro si ferma solo qualche giorno e quindi studia le danze sacre, il sesto, Nicola, per lui questo è il terzo anno di corso intensivo, studia le armi bianche corte.
Prima di tutto un po' di corsa, rafforzamento con flessioni e addominali e concludiamo con un po' di stretching.
Principianti o esperti, oggi si parte con la posizione di base.
Essendo il corso istruttori base, si studiano e si approfondiscono le basi del Taran Devak partendo appunto dalla posizione.
Siamo tutti allievi e praticanti ormai da parecchio tempo per cui il Maestro può permettersi di velocizzare e di non soffermarsi molto ogni singola tecnica studiata: questo è un bene per noi e lo vedrete più avanti.

Dopo qualche ora passiamo agli spostamenti, punto fondamentale dell'Arte (ma questo ve lo spiegherò in un altro post), ed inizia a piovere; poco importa, tanto eravamo già fradici di sudore.
Su quella terrazza di cemento grezzo lasciamo buona parte delle suole delle scarpe imparando a ruotare, avanzare e schivare, unico sollievo è appunto la pioggia che intanto si è fatta più fitta e le gocce sempre più forti iniziano quasi a far male sulla faccia.
Dopo tre orette arrivano "i 5 minuti di pausa". Impossibile descrivere la sensazioni di sedersi e rilassarsi in questi minuti, mentre i muscoli ancora pulsano e la testa inizia a dare i primi segni di affaticamento.

"Avanti, al lavoro" ci incita il Maestro.
"Dai che mancano solo due ore" quasi ci azzardiamo a pensare, "che per caso non ci senta il Maestro".
Iniziamo il lavoro in coppia: spostamenti col bastone.
I Krabi sono l'equivalente delle nostre sciabole militari, fine e lunghe. Per gli fare questo tipo di lavoro in coppia le utilizziamo di Rattan: legno di giunco.
L'unico problema è che vengono utilizzate come una frusta per cui, se non siamo veloci, esplodono in un rumore secco, come uno schiaffo, sul nostro corpo.
Lividi e gonfiori ci accompagneranno per i prossimi giorni dovuti appunto alla nostra incapacità di muoverci rapidamente per non essere raggiunti dai fendenti. Sono le "botte educative" come le chiama il Maestro: a livello inconscio insegnano al corpo cosa fare per non star male, un pò come quando si tocca il fuoco.

Continuiamo così fino a sera e dopo 5 ore di pioggia misto sudore e lividi la giornata si conclude.
Torniamo a casa (Nicola ed io) mentre gli altri dormono a casa del Maestro.

Mezzoretta di macchina, porto fuori il cane e gioco un pò con lei, doccia veloce e metto su la cena sognando il letto.
La notte dormo come un sasso e la sveglia arriva presto: alle 7:00 devo essere a Zovencedo.

2° giorno
"Ok dai, è il secondo giorno, ieri 5 ore sono passate in fretta, oggi andrà sicuramente meglio"
Bisogna sempre partire positivi...
Da oggi gli allenamenti si svolgeranno al campo da calcetto/pallavolo di Zovencedo: terreno perfetto per consumare la suola delle scarpe durante gli spostamenti e i gomiti quando cadiamo per terra.
La temperatura è accettabile, i 21 gradi e l'arietta fresca mentre appoggiamo l'attrezzatura lungo la parete di confine fanno drizzare i peli sulle braccia. Il cielo è ancora nuvoloso, speriamo che duri.

Partiamo con una corsetta leggera, le solite tecniche di rafforzamento e il nostro stretching.
Le mattine sono dedicate al ripasso del programma svolto nei giorni precedenti. Ogni giorno un allievo si dedica a pianificare lo svolgimento della giornata decidendo cosa fare e quanto tempo dovremo dedicare ad ogni singola attività. Questo ci permette di imparare a gestire la lezione che eventualmente andremo svolgere con la qualifica di istruttore una volta passato l'esame e aperto dei corsi nostri. Ovviamente il Maestro ci controlla sempre e tiene conto anche di questo nella valutazione finale.
Per qui oggi spostamenti fino all'ora di pranzo fortunatamente con le nuvole in cielo che ci riparano dal torrido sole di agosto.

Montiamo in auto e ci spostiamo a casa del Maestro dove i ragazzi accendono i fuochi in cucina per prepararsi il pranzo ma prima di tutto si levano la divisa fradicia e la stendono al sole ad asciugare.
Io trovo sollievo sedendomi sul pianerottolo delle scale: la vista dei monti verdi di fronte e l'arietta fresca che arriva mi rilassano e mi tolgono la stanchezza.
Nonostante i miei compagni insistano perchè mi sieda con loro, questo posto diventerà il mio tavolo da pranzo per i prossimi 8 giorni.
Li non penso a niente, il mio sguardo si perde nel verde degli alberi e la testa si svuota mentre mastico piano l'insalata di riso.

Il sabato mattina prima di iniziare il corso ho fatto una bella pentola di riso che condirò con un condi-riso e qualche altra verdurina sottolio aggiunta. Il mio pranzo poi si conclude con un pacchetto di cracker integrali e due cucchiaini di malto d'orzo liquido per recuperare gli zuccheri.
Le merende a metà mattina e a metà pomeriggio invece, sono a base di integratori comprati nel supermercato vicino casa.
Pranzo veloce e, mentre gli altri stanno ancora finendo, mi sdraio sul divano letto del soggiorno e dormo una mezzoretta.

Il pomeriggio iniziamo a lavorare sulle tecniche base: pugni, gomiti, calci e ginocchia.
Prima a vuoto e poi sui colpitori.
Sempre più forte, sempre più potenti, le spalle bruciano e i quadricipiti tirano.
"Su la guardia"
"ish"
"più forte"
"ish"
"ruota quel piede"
"ish"
"il doppio" 
ripetuti all'infinito come un mantra
"ish"
"ish"
"ish"

I gomiti sbucciati dal rafforzamento della mattina bruciano con l'aiuto del sudore a contatto dei pao; il sangue che scende e li macchia è l'ultimo dei nostri pensieri.
La sera arriva in fretta: macchina, casa, cane, cena, doccia e letto.

3° giorno
Alessandro è dovuto ripartire per tornare a casa e a noi spetta una bella sorpresa: al campetto ci aspetta Rossana, istruttrice di Taran Devak che mi ha insegnato per quasi due anni alla scuola di Pozzolo; terrore di tutti noi per il suo allenamento durissimo e massacrante.
Questa mattina passiamo le prime due ore ad apprendere metodi ed esercizi di preparazione fisica, cardio-muscolari e stretching.
Siamo stanchi, la notte nessuno ha dormito: mentre la testa voleva riposare il corpo era ancora in fase allenamento e spesso ci risvegliavamo a causa di qualche pugno o calcio involontario.
Oggi sarà durissima......nessuna nuvola: sole.
Fino alle 10 l'ombra delle case dietro ci salva poi un pò alla volta la pelle inizia a bruciare e sudiamo il doppio. Cominciamo a dare i primi segni di cedimento: la nostra parte razionale è sul chi va la e ci intima di fermarci prima che sia troppo tardi ma siamo guerrieri o comunque siamo qui per diventarlo, per cui andiamo avanti.
Durante l'esecuzione di una tecnica Giò (così soprannominato dal gruppo) allunga un po' troppo la gamba e si stira l'inguine: inizia il suo calvario.
Ci facciamo forza a vicenda, se non fossimo una squadra ed un gruppo compatto avremmo già abbandonato.
Gli consigliamo di fermarsi ma lui vuole continuare, vuole finire il corso e vuole dare l'esame.
Purtroppo questo gli risulterà fatale.

Pranzo e riposino.

Arriviamo al campetto, neanche una nuvola, il sole delle 14 ci fa bollire la testa.
Fortunatamente Valeria, la figlia del Maestro ci suggerisce di spostarci dietro la sala comunale sulla piazza del paese: per tutto il pomeriggio abbiamo a disposizione 4 metri di ombra che ci salveranno la vita.
Ci spostiamo li e iniziamo con lo studio delle tecniche.
La testa non mi risponde più e dopo la prima proiezione inizia a girare.
Nausea, vertigini, voglio andare a casa, sono stufo e non ho più voglia.
Ma siamo li, tutti, e stiamo tutti male: si va avanti.
Ogni tecnca è sempre più difficile, ogni volta che cado a terra mi serve qualche secondo per riprendermi e non vomitare.
In qualche modo arrivo a sera ma oggi non ho fatto niente o comunque ho imparato poco.
La parte di cervello razionale prende il sopravvento: sono distrutto...voglio andare a casa e dormire per un giorno intero.

Prima di salutarci riferisco al Maestro che non ce la faccio più, che ho intenzione di fare il corso per imparare e non per stare male, i ritmi sono troppo duri per me e se sto già male al terzo giorno, non credo proprio che arriverò alla fine.
Il Maestro ci rimane molto male e cerca di risollevarmi il morale, molto più mal ridotto del mio corpo.
I miei compagni mi sono vicini e mi danno forza; non so proprio cosa fare e soprattutto non so se ce la farò.

Alla fine vado a casa al telefono con la mia famiglia, tutti cercano di tirarmi su e di incoraggiarmi.
Mangio, pastiglietta di Tacchipirina, doccia e letto, Intanto alla sera arriva qualche messaggio dal Maestro e dai ragazzi.
Suona la sveglia alle 5:30 e rotolo nel letto per un quarto d'ora cercando le motivazioni per alzarmi.
Altra pastiglietta di Tacchipirina (come consigliatomi dal Maestro) e monto in macchina.

4°giorno

Come sempre arrivo al campetto 5 minuti prima degli altri: mi godo l'arietta fresca mentre faccio un pò di stretching.
Le Tacchipirine hanno fatto effetto: sono riuscito a dormire e riposare, e va già un pò meglio.
Sono tutti contenti di vedermi anche se purtroppo Giò non riesce nemmeno a camminare ma arriva lo stesso al campetto e trascorre la mattinata imparando e provando esercizi di visualizzazione con l'assistenza del Maestro Valerio.
Il Maestro mi dice di non sforzare molto oggi per non avere una ricaduta e io seguo volentieri il suo consiglio.
La mattinata è dura: siamo tutti stanchi e anche da parte degli altri miei compagni iniziano ad arrivare i primi segni di cedimento. La concentrazione vacilla mentre facciamo gli spostamenti col bastone e le gambe iniziano a cedere mentre i calci colpiscono i pao.
Poi passiamo al ripasso delle tecniche in coppia: ci spostiamo sotto gli alberi nel parco.
Ormai abbiamo formato le coppie fisse distribuendoci per peso: Denis ed io, Olaf e Giovanni.

Pranzo, tacchipirina x me e oki per Giò, poi si riposa una mezzora.

Nel pomeriggio ci raggiunge Marco che starà con noi tutti i pomeriggio e farà coppia con Nicola per studiare il programma di armi corte.
Il resto della giornata passa nella solita maniera: il Maestro ci fa vedere le nuove tecniche, noi le proviamo e poi le trascriviamo. Succhi di frutta, acqua + polase e barrette energetiche ci accompagnano per tutti il giorno; i muscoli ringraziano ma il fegato è in lacrime.
Giò è messo male, fa fatica a camminare, ogni movimento è un coltello piantato nella gamba.
Fa quello che riesce.


5° giorno

Giò è ancora KO per cui ci alterniamo fra noi tre.
Nonostante continuiamo ad insistere, lui vuole provare le tecniche finchè non scoppiamo: Olaf che non vuole fargli male durante l'esecuzione delle tecniche, ne prova una con noi ma Giò si offende credendo che Olaf non voglia più allenarsi con lui. Purtroppo la testa è stanca il fisico ancora di più  e ogni situazione crea delle tensioni incredibili all'interno del gruppo.
Riusciamo a chiarirci e il pomeriggio lo passiamo a ripassare.

Il pomeriggio studiamo le tecniche e Giò si sforza di provare.
Ma gli risulta molto difficile e anche Olaf ne risente perchè non riesce ad eseguire le tecniche al meglio per non far ancora più male a Giò: il morale è sempre più a terra.


I prossimi giorni trascorrono alla solita maniera: la mattina è una disperazione per il fisico, il pomeriggio è una disperazione per la testa.
C'è da dire una cosa però, siamo entrati in uno stato mentale in cui il corpo è in modalità supereroe per cui cadiamo e ci alziamo come dei robot, senza provare dolore e senza più lamentarci. Non sentiamo più la fatica dei primi giorni, la testa ormai è in Trip e continuiamo per inerzia.
E' una sensazione strana, difficile da spiegare.
Da quando abbiamo superato le crisi, il corpo e la mente hanno cambiato le priorità e hanno abbandonato la razionalità.
Ora dobbiamo arrivare fino alla fine.
Concludere il corso per me e superare l'esame per gli altri.

9° giorno

Oggi Giò ci abbandona, torna a casa.
Non riesce a muoversi nonostante gli antidolorifici e gli antinfiammatori.
Il Maestro lo accompagna alla stazione del treno a Vicenza.
Noi passiamo la mattina a ripassare, cerchiamo di utilizzare la giornata per recuperare un pò di energie in modo che domani Olaf e Denis riescano ad affrontare l'esame al meglio.
Non darò l'esame domani, per cui cerco di seguire al meglio i miei compagni ed avendo una preoccupazione in meno riesco a correggerli e a rimanere più concentrato per aiutarli.


L'esame

E' arrivato il giorno tanto temuto.
Ritrovo in piazza a Zovencedo per poi spostarci alle vecchie cave sopra la collina.
C'è un bel pò di gente che è venuta ad assistere: praticanti, non praticanti, istruttori, parenti e amici.
I ragazzi sono tesi, si nota un pò di insicurezza ed agitazione.
Il primo ad iniziare è Marco che da l'esame per il secondo Khandam.
Inizia per primo perchè poi deve andare a lavorare e comunque il suo esame non dura più di un'ora e mezza.
Poi entrano Denis e Olaf.
Cominciano con gli spostamenti e qui esplode l'agitazione: entrambi sbagliano quasi subito alcuni spostamenti ed il Maestro scherzosamente segna ed entrambi con la penna la "S" di sinistra sulla mano.
Da li in poi tutto fila liscio: tecniche a vuoto, tecniche sui Pao e tecniche in coppia si susseguono tenendo noi "spettatori" con gli occhi incollati.

Durante una proiezione Olaf cade male e il braccio, già infortunato da anni, si infiamma non poco. Gli diamo una bustina di antiinfiammatorio con un sorso d'acqua che, a pensarci adesso, potrebbe essere una cosa distruttiva visto che dopo quasi 4 ore di esame senza bere il corpo assorbe qualsiasi cosa e potrebbe entrargli in circolo velocemente mandandolo in Trip.
Concludono le tecniche in coppia, Ram Muay e poi è ora di combattere.
La danza è bellissima, i ragazzi sono concentrati.
La respirazione ed i muovimenti lenti preparano gli atleti al combattimento.
Gli facciamo indossare le protezioni e iniziano i round di striking: tutto è permesso, a parte i morsi ma solo perchè sul caschetto c'è la griglia.
E' una bella battaglia e si vedono dei bellissimi scambi di colpi. Ogni tanto i ragazzi finiscono a terra e proseguono li la lotta.
Nonostante la stanchezza e lo sfinimento riusciamo a vedere delle belle tecniche pulite, scambi veloci.
Via le protezioni: si passa al Brigghar.
Lotta celtica a mani nude, niente colpi, solo prese, leve, strangolamenti e chiavi: i ragazzi rotolano sul duro della roccia incuranti delle botte.

Finita.

Ragazzi avete cocluso la battaglia e ne siete usciti vincitori.

Alla fine sfiniti restano sdraiati al suolo mentre il Maestro li annaffia con una bottiglia di acqua ghiacciata.
L'esame è andato molto bene, entrambi usciti con 8/10: istruttori.
La felicità si vede sugli occhi di tutti ed esplode in lacrime ed abbracci.

Raccogliamo tutto e ci avviamo a casa del Maestro dove ci aspetta l'ultima tappa di questa giornata: il Way Kru il rito per cui i guerrieri stringono fra di loro un patto di fratellanza dentro e fuori la palestra, a casa o durante la battaglia.
L'incenso, le preghiere, l'unguento sulla fronte e il liquore bevuto assieme dalla stessa coppa fanno recuperare le forze a Denis e a Olaf e fanno rafforzare ancora di più il legame che abbiamo stretto in questi 10 giorni anche con i ragazzi presenti che hanno affrontato l'esame gli anni precedenti.

Ora manco solo io: dovrò aspettare ancora qualche settimana per decidermi e parlare ancora un pò con i miei compagni.
Decido che sarà in dicembre.
Nell'annunciarlo ai ragazzi ricevo commenti di approvazione.
Il nostro Maestro ne è entusiasta e anche le persone a me vicine.
Il giorno tanto atteso alla fine arriva in anticipo: l'ultima domenica di novembre.
Da agosto ad ora ho continuato ad allenarmi in palestra e con i miei compagni, soprattutto con Olaf che si è reso disponibile per farmi da partner anche durante l'esame.

Ci saranno 8 gradi alla cava, ma l'umifdità che ci circonda ne fa percepire parecchi di meno.
Il pavimento di dura roccia e scivoloso e le scarpe non fanno molta presa mentre proviamo la tenuta.
Togliamo un pò di foglie marce dal campo d'azione in modo da evitare i rischi, un pò di stretching e riscaldamento mentre il Maestro prepara le carte e siamo pronti a partire.
Il Maestro chiama Olaf al suo fianco e gli chiede di dare il comando per gli spostamenti di base molto che eseguo con qualche incertezza dovuta alle condizioni del pavimento.
Subito dopo Olaf impugna il Krabi e si posiziona di fronte a me per farmi fare gli spostamenti in coppia: anche qui il pavimento non mi è amico.
Passo quasi subito alle tecniche a vuoto e per agevolarmi il Maestro mi fa spostare su una parte della cava in cui ci sono delle fogli secche, erba e terra che aumentano il grip delle scarpe.
Fortunatamente grazie a questo espediente riesco ad eseguire calci e ginocchiate nel lmigliore dei modi senza scivolare o perdere l'equilibrio.
Olaf impugna i Pao e inizimo il lavoro di potenza: mentre lancio i pugni e i gomiti mi vengono in mente i mantra del Maestro: "il doppio, il doppio", "più forte, più forte", "ish, ish, ish".
Arrivato a metà dei calci le gambe iniziano a tremare ma il pensiero che i miei compagni erano qui ad agosto mi fa dimenticare la fatica e mi fa andare avanti con più convinzione.
Giù i Pao e iniziole tecniche in coppia partendo dalle difese da Pugno.
Dopo mesi di ripasso le filastrocche ormai mi escono dalle orecchie per cui non ho problemi sulla successione delle tecniche.
Ogni tanto mi blocco perchè la stanchezza mi annebbia la mente ma parto subito dopo deciso.
Pugni e clinch con Olaf mentre Denis lo sostituisce per i calci e la lotta.
Le 120 tecniche si susseguono con qualche secondo di sosta tra una e l'altra soprattutto perchè il fisico inizia a cedere e la testa fa un pò di confusione.
Dopo quasi 3 ore ho concludo il lavoro in coppia.

Il Maestro mi fa indossare il Mong Kol per il Ram Muay e con le mani giunte in preghiera che fanno da ponte appoggiandosi tra la mia fronte e la sua, recita alcuni mantra.
Mi inginocchio per iniziare e durante i 3 saluti al Buddha, al Dharma e al Sangha le 3 ore precedenti spariscono: la mente sembra essersi ripresa del tutto e il corpo risponde bene.
Eseguo la danza molto bene, sono molto contento di come è riuscita.
Olaf intanto inizia ad indossare le protezioni per combattere con me.

Ora è "il momento della verità" si combatte.
Di fronte ho un avversario davvero difficile da affrontare: Olaf, più di 20 kg di differenza di peso, colpi potenti e pesanti, molta più esperienza di me nel combattimento.
E' molto tempo che non combatto seriamente e purtroppo ne risentirò parecchio, i colpi entrano e sono devastanti, la griglia del caschetto toglie una buona parte di visuale, ogni pugno che entra gira il caschetto e mi acceca, le gambe non tengono più e il morale continua ad abbassarsi ad ogni colpo che incasso.

Vorrei togliermi i guanti e andare a casa.
Il Maestro mi incita a colpire Olaf, quando sono a terra sfinito i miei amici attorno mi urlano incoraggiamenti e fanno il tifo. Il fiato è finito da un pezzo e la mente se ne sta andando.
Qualche colpo riesco a portarlo a segno ma la superiorità di Olaf è netta.
Togliamo le protezioni e passiamo alla lotta.
Niente striking, solo grappling, sempre con Olaf: sono in svantaggio ma alla fine è combattendo con i più forti che si migliora.
I primi minuti passano veloci mentre le braccia si muovono come serpenti attorno al collo e alle braccia avversarie.
Ogni volta che però finisco al suolo il peso del mio avversario mi schiaccia e non riesco più a muovermi anche perchè non ho più forze. Le braccia sono stanchissime e non riesco ad afferrare, le gambe sono molli e non riesco a far leva per girarmi.
D'un tratto finisce tutto e finalmente respiro.
Resto al suolo guardando il cielo e scoppio a piangere, come i miei compagni ad agosto.
Sembra impossibile, è finita.

Abbracci, pacche sulle spalle, strette di mano, non mi sembra neanche vero.
Restiamo a chiacchierare ancora un pò e poi iniziamo ad avviarci.

Finalmente anch'io ho superato questo tremendo esame che suscita in tutti quelli che ne sentono parlare brividi e pelle d'oca; ma è solo un piccolo traguardo nel mondo delle Arti Marziali, il cammino che ci aspetta è ancora lungo: la cintura nera ed il diploma di istruttore servono a poco in questo momento, quello che conta è che io, assieme ai miei compagni ho concluso questa grande sfida.

Grazie Maestro Zadra per averci accompagnati lungo questo cammino.
Grazie Nicola, Olaf, Denis, Alessandro e Daniele per avermi aiutato a superare questa prova.
Grazie alla mia famiglia per avermi incitato e spronato a continuare.

Tutto questo è Krabi Krabong.
Tutto questo è Taran Devak.