Studio, ricerca e perfezionamento sul mondo delle Arti Marziali e del Combattimento
"ARTE": nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme creative di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza.
"MARZIALE": relativo a Marte, dio della Guerra; tutto ciò che riguarda la guerra.



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sabato 12 luglio 2008

La vita

Come primo post inserisco l'ultimo che ho scritto sul vecchio blog di Spaces...

La vita è un avvenimento raro e in quanto tale prezioso. Recentemete Guillermo Gonzalez ha presentato la sua teoria sullo "spazio galattico abitabile", stabilendo le infinite difficoltà che si presentano a priori affinchè la vita abbia posto nell'Universo; per lo meno la vita complessa, così come noi la conosciamo, includendovi animali superiori, quella che ora si definisce "vita metazoica macroscopica aerobica", e fino a qui è arrivato il politicamente corretto ed il "benpensatismo", ma ascoltate!
Questa è una vecchia controversia nella comunità scientifica e benchè Sagan, un incorruttibile ottimista, avesse ragione affermando che "l'assenza di prove (dell'esistenza della vita) non è una prova della sua assenza", diventa ogni giorno più evidente che la vita è un bene scarso nell'universo osservabile.
Per noi esseri viventi (alcuni più di altri), questo miracolo è un qualcosa di quotidiano ed addirittura recentemente non sembra un granchè. Il nostro impegno, le nostre energie si consumavano interamente nel far si che il giorno finisse senza che fossimo la succulenta cena di qualche insetto più grande di noi ed ultimamente, da quando abbiamo i microscopi, di altri più piccoli.
La vita è un impulso determinato ed indiscutibile, quello di persistere e di perpetuarsi. Negli esseri viventi coscenti, a questo comando si aggiunge quello di persistere in quanto tali, che altro non è che una conseguenza della precedente legge della perpetuazione della vita in sè e che ora si chiama egoismo. Tuttavia la consapevolezza di essere, nei suoi differenti gradi, aggiunge uno squisito extra a questa legge basilare: quello di riflettere ed intervenire nell'ambiente intenzionalmente.
Per quanto rari siamo nel panorama galattico, è stata l'evoluzione della vita stessa che ci ha dotati di questo strumento. L'uomo non è al di fuori dell'ordine naturale, è il risultato di tale ordine e le sue azioni non possono, di conseguenza, essere considerate un'aberrazione del sistema. O c'è ordine, o non c'è, nel qual caso gli stessi scienziati dovrebbero dedicarsi in tutta onestà a qualcos'altro di più utile, come seminare ravanelli.
In fondo ciò che facciamo , visto da una certa distanza, somiglia molto a quello che fa il resto degli esseri del pianeta, l'unica differenza è che noi lo facciamo con molto più successo degli altri: stiamo vincendo la battaglia di trasformare le proteine di altre specie in proteine umane. La conseguenza è che le altre specie diminuiscono, sia in numero che in quantità di individui, mentre noi cresciamo come cimici.
Qual'è il limite, la massa critica accettabile di esseri umani nel pianeta? La storia della crescita sostenibile è una stupidaggine adatta a smidollati mistici. Non esiste una cosa del genere, gli affari o vanno in alto o vanno in basso, la tabula rasa non esiste all'interno dell'ordine naturale. E' un paradosso, ma quanto più sosteniamo l'essere umano, tanto più sosteniamo la sua distruzione, il punto è che anche il successo sa uccidere a modo suo.
Tuttavia il nostro magnifico successo tra gli animali complessi non è nulla se paragonato a quello dei nostri colleghi microscopici. Il 95% della vita sulla terra è formato da questi esseri, alcuni simbiotici, altri parassiti. La nostra digentione è possibile solo grazie alla loro presenza: gli dobbiamo la vita ed in un certo senso anche la morte.
La vita complessa sul pianeta è in crisi. La riproduzione assistita non si applica solo agli esseri umani dei paesi sviluppati. Poco tempo fa ebbi modo di notare come sulle spiagge del Nord-Est del Brasile alcuni paletti delineassero il luogo dove le tartarughe depositano le uova; bisogna proteggerle, sono poche, un'altra specie in estinzione. Che dire delle balene, della lince iberica per la quale si spendono milioni di euro in ricerche per evitare la sua completa estinzione. E' tutto uno sproposito quando lo guardiamo da distante; non si può servire contemporaneamente Dio e il Diavolo o, per meglio dire, si possono servire solo entrambi, qualsiasi cosa si decida di fare. Colui che aiuta ed interviene finisce spesso per ottenere il contrario di ciò che persegue: in natura ciò che non si adatta, sparisce, questa è la legge.
Il punto è che tutto è un prodotto dell'ambiente; anche questa è una legge incrollabile. Intervenire in qualunque processo può portare facilmente al fine opposto di ciò che si persegue. Passiamo la vita mettendo cerotti qui e la per ritardare l'inevitabile? La cura delle tartarughe la paga la Petrobràs, l'impresa di idrocarburi del Brasile. Le corporazioni petrolifere che si impegnano nell'ambientalismo? Non c'è peggior credulone di colui che vuole credere. In fondo gli esseri umani preferiscono sempre le colpe alla verità; la verità è sempre più prosaica, ma molto più dura da ingoiare. I comandi della vita sono spietati e non hanno alcuna affezione. Il nostro tempo sulla terra è, paragonato a quello dei dinosauri, analogo a quello di un battito di ciglia di fronte ad un anno di vita, e i dinosauri, l'evoluzione li ha spazzati via in un battito d'ali, assieme a praticamente tutta la fauna e la flora di quel periodo; ancora una volta ciò che non si è adattato, è stato eliminato.
La vita è difesa continuamente ed è protetta con impegno e addirittura con eroicità. In situazioni di emergenza ho visto imprese sconcertanti, persone normali agire ben al di sopra delle loro abituali capacità, stupendo conoscenti e non nel bel mezzo di disastri, persino mettendo a rischio la loro sicurezza e la loro vita per cercare di salvare quella di altri.
La vita possiede una forza immensa e la sua chiamata si amplifica sempre oltre l'atteso, ma è la morte a darci il portere ed il senso della vita. La finitezza è il rimedio definitivo a più fannullone o spensierato dei mortali; è nostra necessità soddisfare ed apprezzare il presente, superare il tedio o la tentazione di sentirci immortali. Paradossalmente la morte è piena di vita, perchè affinchè una cosa viva, qualcosa deve morire; in questo modo la vita si regge su se stessa, mentre la morte come contropartita le conferisce il suo giusto valore.
La vita e la morte sono il vimine con si intessono le Arti Marziali. Il mestiere del guerriero tratta proprio di questo e di nient'altro. E' ancor oggi la presenza della morte, reale o simbolica, a conferire a questo mestiere un potere inusuale, che avvolge le Arti disciplinari nel mistico velo del mistero. Lo stesso velo che rende queste attività un qualcosa di marginale e pericoloso, per quanto c'impegnamo tutti nella loro normalizzazione sociale.
Mettere le etichette di buono o cattivo non è la soluzione al paradigma dell'esistenza, tanto è vero che intervenire in una direzione ci porta spesso ad ottenere l'effetto contrario. Ogni azione interagisce con l'ambiente, non c'è modo di essere invisibili. Persino il non fare è un modo di fare qualcosa, sedersi sotto un albero a cercare la dissoluzione di un desiderio è un desiderio. Se al contrario agiamo ogni passo lascia un'ombra, cambia qualcosa, un qualcosa che d'altra parte è di per se in continuo processo di cambiamento. Noi non siamo alieni alla magia che ha luogo in ogni trasformazione, siamo parte di essa. Il naturale è sostanzialmente l'unica risposta alla questione "intervenire", ma la risposta continua a portarci ad un'altra domanda, il naturale deve essere dunque definito, e in questo senso propendendo in qualunque direzione la bilancia ancora una volta si disequilibrerà.
Per il guerriero la risposta sta nella via dell'azione impeccabile, vale a dire nel rispondere in armonia con la propria natura con tutta l'intensità in ogni atto. Non c'è morale in tutto questo, tuttavia vi è certamente un ethos, uno stile di fare. La natura unica di ogni essere non permette di stabilire vie comuni, rotte estrapolabili per esseri unici, con destini definitivamente differenti. La natura odia ciò che è puro e produce solo esseri distinti, unici.
La magia implicita nell'impeccabilità, nella via naturale, non si può definire a priori, ma osservando con attenzione, quando concorre questo ethos lo fa sempre in concomittanza con premesse come l'economia, l'efficacia, il potere, l'intensità, il disinteresse, la concentrazione e la fluidità. Può essere allenata tale formula? Non credo nel positivismo come soluzione. Per me il cammino in sostanza è più un disimparare che un apprendistato, ma questo lo dico chiaro dopo aver intrapreso un cammino. La vita è simile alla semplicità di un bambino, ma solo dopo l'esperienza di aver smesso di esserlo.
Prima dello Zen, la montagna è montagna;
durante lo Zen, la montagna non è montagna;
dopo lo Zen, la montagna è di nuovo montagna.
L'esperienza di rottura con quanto imparato è dolorosa come quella della nascita stessa. Nessuno cerca veramente il dolore, perciò "i cammini" continuano ad essere imposture o autoinganni. Prima mettiamo tutto il nostro impegno nel sostenere tutta la nostra descrizione del mondo...lo dice anche il proverbio: "vale di più il male conosciuto che il bene da conoscere". Solo quando gli avvenimenti forzano la conflittualità della nostra percezione, quando quando fermiamo la nostra visione del mondo, si aprre una breccia, un'opportunità di cambiamento. Queste sono opportunità desiderate solo a denti stretti, sono catastrofi per ciò che conosciamo, salti nel vuoto, per questo dico che nessuno si iscrive volontario al cammino verso la conoscienza. Qualunque conquista in tale cammino non è programmabile, è un incidente che va oltre la nostra volontà; in questo tutti gli esseri umani sono e siamo tanto semplici e prevedibili qiuanto qualunque altro essere vivente e non ci sono eccezioni.
Ma questo è un panorama ombroso? Io credo di no. La verità non lo è mai, ma la nostra lettura della stessa naturalmente può farci sentire così. Chiarirsi è sempre per lo meno un orizzonte divertente. Invece che togliere i petali alla margherita, forse ciò che bisognerebbe fare è mangiarsela.
Alfredo Tucci

2 commenti:

Unknown ha detto...

Anche tu sei un fan del mio (quasi) omonimo amico astronomo?

Ma Alfredo Tucci è il mitico sceneggiatore di Fratello Homo Sorella Bona?

Welcome Lorenzo!

Lorenzo ha detto...

No no è il direttore della rivista Budo International.
Una rivista di Arti Marziali nata in spagna ma che viene pubblicata ormai in tutto il mondo in una decina di lingue.